Giorno 16/72, Amazzonia ecuadoriana. Selva, animali e giochi di prestigio

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Abbiamo 56 giorni davanti. Procediamo con tutta calma, ma è il caso di iniziare a fare due calcoli. Le tappe sono molte e non vogliamo rinunciare a niente. La selva equadoriana era in forse, ci siamo fatti tentare ed ora eccoci.

Il panorama della selva
Immenso, il panorama della selva

Avanti tutta

L’appuntamento è all’alba con Luis e Nantu che hanno preparato tutto il necessario, sacchi a pelo, zanzariera, stivali e poco materiale di prima necessità. Luis rimarrà a Puyo, Nantu invece, un indigeno cresciuto nella selva, sarà la nostra guida nella foresta primaria della zona che lui chiama Mushuc Kausaie (su internet non l’ho trovata, ma forse non si scrive così). Il ragazzo ha 29 anni ed è uno di poche parole. Meglio.
Abbiamo davanti tre ore di bus, la metà delle quali su una strada sterrata che attraversa la selva per chilometri. Siamo destinati in un accampamento della zona, in una comunità indigena che di tanto in tanto accoglie i visitatori più temerari. Tuttavia si rimarrà delusi: l’intera famiglia si trova a 5 giorni di cammino dall’accampamento, assente ormai da un mese ed impegnata nella costruzione di una canoa. Stando infatti a ciò che dice Nantu, per tale ragione normalmente si mobilitano tutti o quasi. 20170731_094735Ad avvisarci è uno dei figli maggiori, un indio incontrato coi piedi nel fango e alle prese con del lavoro di routine. Con un ammennicolo simile a quei pentolini che i preti fanno oscillare in chiesa per diffondere incenso, brucia qualcosa e lo diffonde intorno a sè. Credo che sia per allontanare gli insetti, e intanto penso al mio repellente comprato in farmacia. Mah. Non mi sento più intelligente, comunque mi domando se funzionerà. A parte lui è rimasta una giovane mamma con due bambini e probabilmente pochi altri. L’interscambio con la comunità è da rimandare. Ci siamo rimasti male, questa è la verità. Ci rimane la selva però, e davanti quattro ore di cammino.

La foresta di Mushuc Kausaie


20170803_201101Se solo avessimo immaginato la difficoltà di tale percorso non ci saremmo spinti tanto dentro. Muniti di stivali cominciamo il cammino attraversando una zona fangosa tutt’altro che divertente. Mettere i piedi nel punto sbagliato e non ritrarli con prontezza vuol dire sprofondare nel fango. Ritraendo il piede, la sensazione è quella di perdere lo stivale perchè il fango tira incredibilmente. Questa prima difficoltà tuttavia si riscontrerà solo i primi venti minuti di percorso, e senza abbandonarci del tutto, il fango, andrà diminuendo man mano.

Passata la zona fangosa, il percorso comincia a farsi in discesa e parecchio friabile (penso subito allo sketch di Aldo e Giovanni, allo zoccolo di gnu, alla vertebra di moffetta, e al terreno che frana e non fria”). Da principio l’obiettivo sembra scendere, almeno fino a quando l’intenzione di riprendere quota sembra avere la meglio. Momenti di tregua ce ne sono pochi e l’attività più frequente è quella di resistere alla gravità facendo catene umane per evitare di scivolare e farsi un viaggio verso valle. Slittiamo più volte, fortunatamente per non più di un metro, ma sufficientemente per cagarsi un po’ sotto e riempirsi di terra ovunque.
Ad un certo punto, cercando di sollevarmi con l’ausilio delle dita, metto le mani nel posto sbagliato e vengo morso da qualcosa, che senza occhiali e un po’ impanicato, non riesco a definire. È nero, ha la grandezza di un moschino ed è rimasto ancorato al mio dito. Con l’altra mano lo stacco e lo getto. Niente di grave, solo un pollice gonfio per mezza giornata e una serie di parolacce non dette.
screenshot_20170804-20560120170731_094631Non è finita. Comincio a preoccuparmi seriamente quando Nantu, a circa metà tragitto, ci anticipa che verso la fine troveremo un tratto di montagna su cui dovremo arrampicarci con l’ausilio di piante e radici. Non avendo ancora la confidenza per mandarlo a farsi fottere preferisco prendere tempo e pensare. Di tornare indietro non se ne parla, perchè dovremmo rifare al contrario una salita ripidissima e parecchio scivolosa (quindi ci aspetterebbe una brutta discesa). Caricati quattro o cinque vaffanculo chiedo a Magali se ha capito la stessa cosa, ed effettivamente pare che Tarzan dia per scontato che da bambini giocassimo anche noi nella selva.
20170730_121442L’arrampicata non si fa attendere. Neanche il tempo per pensare ed eravamo già a gattoni su una salita ripidissima (“salita” è un eufemismo). Le mie celebri vertigini decidono, non so come, decidono di darmi tregua, e sarà perchè la vegetazione pare frenare ogni eventuale caduta, riesco a piazzare un piede dopo l’altro fino in cima, senza entrare in panico. Un po’ con l’aiuto di Nantu che di tanto in tanto tira sia me che Magali, e un po’ con l’ausilio delle famose radici a cui aggrapparsi, riusciamo in meno di dieci minuti ad arrivare in cima, esausti e sudati, più per la fifa che per lo sforzo fisico. Ma forse sarebbe più corretto parlare per me, Magali non si lamenta né frigna, a lei non fa paura quasi nulla in ambienti come questi e procede ovunque con la calma di Mr Crocodile Dundy.

Puma, anaconde, trafficanti di animali, caimani e giochi di prestigio

 
Tornati all’accampamento assaltiamo le provviste e dividiamo un po’ di cibo con uno dei pargoli della giovane mamma citata pocanzi (uno dei pochi membri rimasti in zona). Il piccolo sembrava carino, sorridente, timido e pacato, finché la bestia di satana ha preso il sopravvento e ha iniziato a sputarci il cibo addosso. 20170731_103253Una parte di me voleva annegarlo nella merda, ma alla fine abbiamo giocato a far sparire una specie di bacca e a farla ricomparire qui e là. Gli ho anche fatto un cagnolino giallo coi palloncini che ha subito torturato. Le sofferenze del cane, fortunatamente, sono durate meno di dieci secondi. Poi è esploso.
Cala la sera e poi la notte accompagnati dai racconti di Nantu. Una vita tranquilla la sua, salvo per una fuga disperata da una anaconda, salvo che è riuscito a neutralizzare trafficanti di animali armati, e che ha vendicato l’assassino del suo cane (un puma), trafiggendolo con una lancia. Non male anche la faccenda del finlandese che durante un’escursione come la nostra stava per morire per il morso di un serpente, e che Nantu ha inciso facendogli sgorgare il sangue avvelenato. Stando alle parole di Nantu, con le piante medicinali si è ripreso in una settimana, e se non fosse stato soccorso sarebbe morto in 20 minuti, dopo atroci sofferenze. Degna di nota anche la storia del militare inghiottito dal fiume (o più precisamente da una anaconda che l’ha trascinato a fondo).
Magia nella selvaNantu parla spagnolo perchè ha preferito la civiltà, studiare e trasferirsi in città, ma a quanto pare, avendo potuto confrontare, oggi preferisce di gran lunga la vita sulle sue montagne, anche se tornare conpletamente indietro probabilnente non è facile.
La serata si conclude a “caccia” di caimani, in realtà li distumurbiamo solo un po’. Dopo una sessione di giochi di prestigio e domande sui miei poteri magici (lui ha deciso che sono le mie energie a permettermi tutto ciò), lasciamo l’accampamento per raggiungere una grande pozza a due minuti da lì. 20170804_235844Nantu si immerge in piena notte in uno stagno da cui io starei lontano di giorno anche con lo scafandro, e armato di torcia tira fuori un cucciolo di caimano, deluso perchè non trova e non riesce a portarci la madre, che immagino sia dieci volte più grande. Nel caso momentaneamente vi sfugga cosa sia un caimano, trattasi di una specie di coccodrillo, notoriamente un animale pacifico e vegetariano.
Torniamo all’accampamento, Nantu pensa ancora ai giochi di magia, lo vedo. Lo capisco da come mi guarda. Prima di congedarsi torna a parlarmi di cosa è per lui magia, delle piante medicinali che conosce da sempre. Fa un volo pindarico sulle arti marziali che conosce e che ha imparato in città, poi conclude dicendo: “tu sei un mago, ma io conosco la selva, e cose che tu non immagini”.
Non ho dubbi.
 ♤

Piovono uccelli

 
screenshot_20170803-112545Il titolo pare un po’ un inno al gay pride, ma non lo è. In ogni caso non avrei potuto render meglio l’idea di quest’ultimo episodio. Tornando in quella che era la nostra cabaña, saliamo le scale della palafitta e un oggetto non identificato mi cade addosso. Ovviamente è notte fonda, si sentono decine di rumori diversi ovunque, a dieci metri c’è un fiume tipico dell’amazzonia e ho appena visto un caimano da vicino. La storia del finlandese inoltre mi ha turbato e con un bastone smuovo la terra nel tragitto fino al sacco a pelo. Immaginate quante parolacce e porchi ho solo pensato sentendomi colpito al buio da chissà che cazzo. Illumino gli scalini della palafitta e vedo un uccellino, un cucciolo un po’ spaesato che prima di atterrare ha rimbalzato su di me. Ah eri tu, pezzo di…, ma infondo è così carino che non lo sgrido. Cerco il nido ma non lo trovo, non so se faccio bene ma lo tolgo dalle scale e lo porto dentro per pensare al da farsi. Illumino la cabaña e per terra ne vedo un’altro. Mi giro a destra e ce n’era un terzo. 20170730_214656Ma come ci sono arrivati dentro? Uso la custodia del cellulare e li metto tutti insieme in un angolo. Come ci sono arrivati se ne andranno, penso, o forse la madre verrà a far qualcosa. Chiudo il cancelletto. Attraverso le sbarre di bambu ci passa un leone quindi lasciarlo aperto sarebbe stato uguale. Magali si lava i denti come può, io mi guardo in giro. Non si sa mai che la madre del caimano sia venuta a chiedere spiegazioni. Mi infilo nella zanzariera, leggo due pagine e mi addormento, mentre Magali, tranquilla, sfoglia il suo Kindle.

Esperienza da rimandare

Inutile fermarsi tre giorni, il programma prevedeva la convivenza con una comunità momentaneamente assente, e a noi di girare con un tronco in mezzo all’acqua o passeggiare per la selva poco importa. Bello, ma non sarebbe la prima esperienza del genere, per tanto, nonostante sia tutto meraviglioso, preferiamo chiedere a Nantu di smontare baracche e burattini e riportarci a Puyo. Abbiamo davanti ancora Perù e Bolivia, tempo ce n’è ma non per questo vogliamo sprecarne. Forse si presenterà l’occasione di vedere la selva amazzonica peruviana di Iquito. Per ora pensiamo a Puerto Lopez, all’Isla de la plata e alle balene che ci aspettano.

Qualche foto da sbirciare

NEL CASO VI FOSTE PERSI I GIORNI PRECEDENTI:
 
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