Autore: Leonardo Carrassi*
Dall’America del Sud ci giunge la dolorosa notizia che il rinomato prestigiatore Cav. Enrico Frizzo (Longone) del quale da molto tempo non si avevano piú notizie, è morto povero e pazzo in un ospedale di Montevideo. Era un artista di merito eccezionale ed intelligentissimo; quanti ebbero la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne le virtú ne deploreranno amaramente la perdita. Chi poteva pensare che l’arguto, l’elegante, il brioso Frizzo, applaudito nei principali teatri e dovunque ricercato per la sua distinzione, avrebbe fatto simile fine? Ma purtroppo, cosí va il mondo.
Dalla rivista “Il Prestigiatore Moderno” 1894.
Frizzo fu il nome d’arte di Enrico Longone, l’illusionista che Milano vanta piú di ogni altro nel XIX secolo. Di buona famiglia nacque nel 1852 e terminó gli studi in maniera eccellente dimostrando grande preparazione e intelligenza. A diciotto anni ottenne un lavoro negli Archivi di Stato e ciò gli permise di continuare gli studi ed ottenere una laurea in legge. Ma la sua vera passione, ció per la quale avrebbe vissuto incondizionatamente fu l’illusionismo.
Divenne un artista sobrio ed elegante, per l’epoca moderno e all’avanguardia. Nei suoi spettacoli limitó l’utilizzo di attrezzature molto voluminose e talvolta lavorava solamente con l’ausilio di un tavolo.
Tra le illusioni del suo repertorio si ricordano La cena del diavolo ovvero l’estrazione di cibi e posate da tubi vuoti; il lancio di una persona da un grande cannone, imparato dall’uomo obice di un circo e Il morto che parla con l’ipnosi sulla signora Cristina.
Viene ricordato come un bell’uomo, fronte alta e spaziosa e folta capigliatura. Serioso e misterioso ma all’occorrenza ironico. Famosi sono i suoi “frizzi”, frasi umoristiche che utilizzava nel corso degli spettacoli, con tempismo e savoir-faire.
Fu studioso di fisica, chimica e scienze naturali, si dice che assomigliasse nei modi al celebre Hermann. Mai si sedette sulle sue conoscienze illusionistiche, ma continuó a studiare e ad ampliare il suo repertorio magico che a volte assumeva un carattere scientifico. Fu tra i primi illusionisti che unirono lo spettacolo di magia col teatro delle Ombre Cinesi che spesso metteva in scena verso la fine dello spettacolo, a quanto sembra in modo ironico e spiritoso.
Frizzo era inoltre un musicista e sovente introduceva nei suoi spettacoli anche la moglie Cristina al suo “cristallofono”(strumento musicale in cristallo) che lo stesso mago accompagnava al pianoforte.
Frizzo, pubblicò due piccole opere: i Frizzi Mefistofelici e gli scritti sui metodi per la “Memoria
Trascendentale”. Giovanni Capella nel Prestigiatore Moderno, parla di un’altra opera probabilmente non terminata e mai pubblicata, dal nome Spagna Teatrale.
Partí con la moglie e col famoso Patrizio per
l’America latina, e scrisse un’epistola all’amico intimo Antonio Molini poco dopo essere arrivato a Rio de Janeiro. Disse d’essere molto entusiasta e d’aver incontrato molti amanti dell’arte magica da cui avrebbe certamente ricevuto applausi e soddisfazioni. Scrisse inoltre che se fosse arrivato quindici anni prima sarebbe diventato ricco. Nonostante fosse vivo e continuasse a lavorare non scrisse più a nessuno. Antonio Molini, amico fraterno, non riuscí a spiegarsi tale mistero. Di lui non si ebbero più notizie fino all’annuncio della sua morte in solitudine, nel 1894, in un manicomio di Montevideo (annuncio dato dal periodico “Il prestigiatore Moderno”).
Uno dei suoi frizzi diceva che l’arte, specialmente quella del
prestigiatore, è “un’altalena continua di alta e bassa posizione, colla prospettiva sicura di finire … in terra”.
Fonti:
Rivista “Il prestigiatore Moderno”, Ed. Perino Roma, 1894
Catalogo mostra Ovidio Scolari