Il De Viribus Quantitatis
Non sapendo dell’esistenza del “De Viribus Quantitatis“, gli storici attribuirono per secoli a Problemes Plaisant et Delectable” (1612) di Claude Gaspard Bachet de Méziriac,il merito della prima raccolta di giochi matematici, testi a cui fecero riferimento autori come Ozanam e Alberti. Ma la storia dei giochi dilettevoli coi numeri venne scritta qualche anno prima.
Il De Viribus Quantitatis, fondamento della magia moderna e dei puzzle numerici, fu scritto infatti da Luca Pacioli a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, testo di cui è pervenuta una sola copia manoscritta, conservata nella Biblioteca Universitaria di Bologna. Il libro è stato riscoperto dopo che David Singmaster (matematico americano del ‘900 conosciuto per le diverse analisi sul cubo di Rubik), ne trovò un riferimento in un manoscritto del XIX secolo.
Sul manoscritto di Pacioli non si accenna a una data precisa, tuttavia si può ipotizzare che fu partorito tra il 1496 ed il 1508. Il documento, composto da 306 carte, così come si presenta pare incompleto e con significatice mancanze.
Il manoscritto è diviso in tre parti, rispettivamente intitolate “Delle forze naturali cioé d’arithmetica”, “Della virtù et forza libeale et geometrica” e “De documenti morali utilissimi”.
Il manoscritto è diviso in tre parti, rispettivamente intitolate “Delle forze naturali cioé d’arithmetica”, “Della virtù et forza libeale et geometrica” e “De documenti morali utilissimi”.
Luca Pacioli, conosciuto anche come Frate Luca del Borgo, nacque a Borgo Sansepolcro, probabilmente nel 1445. Era avviato all’attività mercantile e studiò presso le scuole d’abaco, mostrando fin da subito grandi doti matematiche. In seguito si dedicò del tutto allo studio e all’insegnamento di materie scientifiche, insegnò a Roma, Perugia, Napoli, Borgo Sansepolcro, Assisi, Urbino, Padova, Milano, Pavia, Pisa, Bologna, Roma, e fu ospite di corte a Firenze, Milano e Urbino.
Tra il 1496 e il 1499 fu docente universitario a Milano e amico di Leonardo da Vinci, che lavorò con Iui alla realizzazione
delle illustrazioni del De divina proportione e che viene citato anche nel De Viribus Quantitatis.
Molti dei giochi di prestigio del manoscritto furono inventati dall’autore, altri invece furono creati dai suoi allievi, spinti a questo genere di esercizio dallo stesso maestro. Molto importante considerare inoltre che altri giochi erano già nel repertorio di alcuni artisti di corte e prestigiatori di strada che Pacioli incontrò, e coi quali, come ipotizzano Antonietta Mira e Chiara Stoppani (nel volume, Mate-Magica, Aboca, 2012), abbia scambiato i suoi giochi matematici con effetti non matematici.
Più volte Pacioli sottolineò quanto fosse importante e fondamentale mantenere il segreto per la riuscita di un effetto magico, assumendo quindi le caratteristiche e il comportamento di un autentico prestigiatore. Molti dei giochi matematici venivano infatti presentati come esperimenti mentali, tra lettura del pensiero e divinazione.
Secondo lo studioso Gilberto Govi, tra i più grandi esperti di Leonardo, molti dei giochi descritti in De Viribus Quantitatis sarebbero state invenzione del grande da Vinci, congettura che ad oggi non trova riscontri da altri studiosi.
La matematica dilettevole, la logica, la fisica e tutti i numeri magici non sono per Pacioli passatempi per tutti, soffermandosi spesso sull’inettitudine e l’ignoranza “de li rozzi”, che non posso arrivare ad eseguire nulla di tanto raffinato. Lo stesso trattamento è riservato alle donne, pregiudizio che le descrive tanto inesperte quanto “li rozzi”. Una visione classista e sessista che in realtà non sorprende tanto nel ‘500 quanto oggi, in un’arte prettamente maschile e un po’ maschilista, che ai massimi livelli inoltre, è complicata e molto selettiva.
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Fonti e approfondimenti
- Vanni Bossi, Antonietta Mira, Francesco Arlati, “Mate-magica”, Aboca, 2012
- https://www.uriland.it/matematica/DeViribus/Presentazione.html
- https://www.geniimagazine.com/magicpedia/Luca_Pacioli
- https://geniimagazine.com/magicpedia/De_viribus_quantitatis