Storia dell’ipnosi, breve sinossi dai riti antichi all’ipnotismo da spettacolo

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Breve storia dell’ipnotismo

La storia dell’ipnosi ha certamente origini antichissime ed è direttamente collegata a rituali che sfruttavano stati di coscienza alterati, reali o presunti, durante cui si pensava fosse possibile avere informazioni dagli dei o dai morti. Tra queste usanze era comune utilizzare anche il sonno sfruttando i poteri legati all’oniromanzia, pratica magica che aveva l’obiettivo di prevedere il futuro attraverso sogni. Una delle pratiche magico-religiose legate a tale credenza si definisce Incubazione, e consisteva, durante i tempi antichi, nel dormire in una zona sacra con lo scopo di profetizzare fatti più o meno importanti, grazie a viaggi onirici. I più antichi documenti sui riti di incubazione risalgono all’epoca sumerica. Nell’antica Grecia veniva utilizzata nel culto di Asclepio ed oggi, in Grecia, come in Nordafrica, è tuttora in uso in alcuni luoghi di culto.
Nel papiro di Ebers, scritto circa 3500 anni fa, sono riportati rituali che inducono il soggetto in uno stato alterato di coscienza con scopi curativi. Nel papiro di Leida, del regno di Ramsete XII, si leggono tecniche di induzione tramite l’oscillazione di una lampada davanti agli occhi, induzioni quindi del tutto simili a tecniche utilizzate ai giorni nostri. Persiani, Maya, Aztechi ed altri popoli praticavano riti del tutto simili. Ipnosi e stati alterati di coscienza autoindotti venivano utilizzati anche in oriente, vedi ad esempio la tradizione dei fachiri che hanno origini antichissime. I Chippewa, indiani americani utilizzavano tecniche simili e induzioni tramite la ripetizione di canti sciamanici. MesmerTuttavia, l’ipnosi come oggi la conosciamo, ha origini ben più recenti, grazie alle scoperte, nonchè alle convinzioni di Franz A. Mesmer, medico tedesco che operò in Austria e a Parigi dal 1767 al 1784. Secondo Mesmer, entrando in risonanza empatica con il malato, si potevano alleviare i tomi e persino curare le patologie umane. Come scrisse Henri F. Ellenberger ne “La scoperta dell’inconscio (1970), Mesmer ipotizzò l’esistenza di un fluido magnetico che percorreva i corpi (umani, ma anche astrali) e che poteva, per così dire, subire degli intoppi; “con l’aiuto di talune tecniche [per esempio, l’applicazione di magneti sul corpo della persona], il fluido può essere incanalato e immagazzinato […] in questo modo si possono provocare nel paziente delle “crisi” e si possono curare le malattie.” 
Nel 1784 il Re Luigi XVI nominò una commissione di scienziati tra i più illustri di quel periodo, perchè facessero luce sul del magnetismo. Dopo aver quindi eseguito diverse ricerche, si pronunciò dando non valida la teoria di Mesmer, attribuendo ogni responsabilità alla suggestione dei pazienti e affermando che “Il magnetismo senza immaginazione non produce niente”. 
Amand-Marie-Jacques de Chastnet, uno tra i discepoli di Mesmer, dichiarò che “magnetizzando” un soggetto, si poteva osservare la caduta in uno strano sonno, nel quale sembrava più vigile e attento di quanto non lo fosse nella veglia e che inoltre, una volta entrati in tale stato, i pazienti potessero diagnosticarsi le malattie e prevederne il corso.
Tuttavia il termine ipnosi non era ancora stato coniato e questo avvenne solo nel 1841 grazie al medico britannico James Braid (1795 – 1860), che parlò proprio di “ipnotismo”, rifiutando la teoria del fluido magnetico e proponendo un concetto nuovo, secondo cui i fenomeni ipnotici dipendevano esclusivamente da “un’impressione sui centri nervosi”, introducendo anche il concetto di suggestione.
Tuttavia l’ipnotismo per la cura di delle malattie del sistema nervoso e alcuni disturbi fisici, cominciò in Francia con la scuola di Nancy, poco prima con Ambroise Liébeault (1823-1904) e poi con Hippolyte Bernheim (1840-1919). Per la scuola di Nancy l’ipnosi era un fenomeno psicologico e tutto poteva essere spiegato con la suggestione, in totale disaccordo con Jean-Martin Charcot che vedeva l’ipnosi solamente come uno stato patologico paragonabile ad una sorta di una nevrosi isterica artificiale.
L’applicazione dell’ipnosi in chirurgia vedono invece protagonisti John Elliotson e John Forbes, che per primi operarono in Gran Bretagna anestetizzando il paziente tramite processi ipnotici. Toccò poi alla Francia il 12 aprile 1829, con Jules Germain Cloquet, che operò con anestesia ipnotica asportando un seno a una donna, senza dolore né ricordo. Jean Victor Dudet estrasse invece il primo dente ad un paziente sotto ipnosi, era il 1830. Ambroise-Auguste Liébeault, nel 1880 fece una analgesia totale per un lungo travaglio.
L’allievo più famoso di Charcot fu il celebre Sigmund Freud (1856-1939), che utilizzò l’ipnosi per accedere ai ricordi e all’inconscio. L’ipnosi tuttavia aveva per Freud un valore terapeutico poco versatile, tanto che l’abbandonò dedicandosi esclusivamente alla psicanalisi. L’ipnosi terapeutica torna poi in modo fattivo negli anni ’60, con il padre dell’ipnosi moderna, il dottor Milton Erickson (1901-1980), considerato uno dei più grandi psicoterapeuti e ipnoterapeuti di sempre. Erickson Cominciò a comunicare con l’inconscio del paziente attraverso un metodo molto simile ad una normale conversazione, che faceva anche uso di metafore e di un linguaggio persuasivo e poetico. Grazie ad Erickson, prolifico scrittore di testi e casi clinici di riferimento, si può dire che l’ipnosi sia diventata una disciplina scientifica, utilizzata e riconosciuta in ambito medico e psicologico.

Le origini dell’ipnosi da palcoscenico

Il mesmerismo ebbe presto grande eco e nei primi anni del XIX secolo alcuni mesmeristi cominciarono a dare dimostrazioni in pubblico. Il primo fu con probabilità l’Abbé Faria, che si esibì in teatro a Parigi dal 1813. Ma purtroppo per l’Abbé un tizio volle ingannarlo, fingendosi mesmerizzato durante una sua rappresentazione a teatro. Per tale detrattore fu quindi facile metterlo in ridicolo davanti al pubblico, causandogli vergogna il suo immediato ritiro dalle scene.
Tra i protagonisti degli spettacoli di mesmerismo venne anche il turno di Charles Lafontaine, che ebbe un grande successo, dopo aver fallito come attore. Il 13 novembre 1841 si palesò al suo spettacolo proprio James Braid, intento a dimostrare che il magnetismo fosse solo una grande truffa, tuttavia dovette ricredersi poichè ciò a cui assistette gli fece cambiare idea e cominciò ad approfondire la materia, tanto che due anni dopo pubblicò un testo fondamentale per la storia dell’ipnosi stessa, Neurypnology, or the Rationale of Nervous Sleep. 
Secondo molti scienziati, gli spettacoli di ipnosi contribuirono in modo fattivo a far cadere sulla materia molta sfiducia da parte della gente e come molti affermano, le paure e i luoghi comuni sulla perdita totale del controllo mentale del volontario, alla stregua della totale incoscienza e schiavitù celebrale, è per buona parte responsabilità degli show dimostrativi. Dal primo congresso di ipnosi infatti, tenutosi nel 1899, i medici hanno cominciato a chiedere che tali rappresentazioni venissero vietate.
Nel ‘900 vediamo diversi ipnotisti a teatro in tutto il mondo, forti della corrente artistico letteraria decadentista e dell’interesse sull’inconscio. L’ipnosi arriva quindi in teatro in compagnia delle rappresentazioni mentalistiche, tra esperimenti di lettura muscolare, lettura del pensiero e second sight. Tra gli italiani della prima metà del ‘900 ricordiamo Gabrielli e Ghigi, mentre ai giorni nostri sono degni di nota Salamini, Damus e Jucas Casella.

 

Fonti/approfondinenti :

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