“Prodigi”, un titolo che mantiene la promessa

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Autore: Leonardo Carrassi*

Nel piacevole contesto di uno studio dall’aria vittoriana e dagli ingranaggi “steampunk”, Vanni De Luca sfodera un repertorio multiforme, praticando diverse discipline mentalistiche, dalle capacità mnemoniche alla chiaroveggenza del mentalismo in coppia, passando per il mentalismo puro dei book test, agli esperimenti di carattere extrasensoriale.

“Prodigi”, il nome dello spettacolo di Vanni, più che introdurre lo show, vi mette un cappello, giustificandone l’aspetto e il senso. Mi spiegherò meglio: un mentalista sensitivo che esegue un esperimento di chiaroveggenza (come nel caso del mentalismo in coppia), seguito da un virtuosismo mnemonico, farebbe scricchiolare la sua credibilità, così come un esperimento sulle facoltà mnemoniche stonerebbe tra dimostrazioni di carattere psichico e paranormale. Tuttavia Vanni non si identifica, non dice di essere un mentalista, o un calcolatore vivente, un medium o un chiaroveggente. Non parla di poteri, doni o capacità ESP, ma piuttosto di attitudini meravigliose coltivate per il solo scopo dilettevole e dimostrativo.

Mai, quindi, titolo fu più azzeccato, perchè “Prodigi” raccoglie genio, divinazione e magia senza scolorire né volgarizzare nessuno di questi componenti, giustificando la messa in scena di ogni numero, senza smentire l’esperimento precedente. Questo grazie ad un minimo comune denominatore che l’autore ha chiamato “Prodigio”, un nome che abbraccia e blinda tutto lo spettacolo, e che inequivocabilmente fa riferimento al portento, nelle sue impossibili dimostrazioni.

Non è certo semplice imparare l’algoritmo Doomsday, o metodi affini per associare un giorno della settimana a una data, come non è da tutti padroneggiare quadrati magici, imparare a memoria numerosi canti (forse tutti?) della divina commedia, associare contenuti a numeri di pagina, e magari eseguire alcuni di questi esperimenti contemporaneamente.
Per tanto è evidente che dietro questo show vi sia un lavoro di spessore, e che Vanni non si limiti ad utilizzare tecniche mentalistiche, sedendosi su conoscenze e mezzucci comuni. Inoltre nessuna presentazione ha mai sconfinato nel posticcio. Tutt’altro, regia, scenografia, testi e numeri, tutto completamente in armonia, hanno fatto di questo spettacolo una perla per tutti gli amanti del genere. A chi l’ha trovato a tratti impegnativo o pesantuccio, risponderei: non è uno spettacolo per tutti, nè uno show da guardare a cuor leggero. Prosa elegante e ricercata, citazioni e numeri da seguire con attenzione, non danno certo scampo a chi preferisce le arti magiche visuali o la commedia.
Apprezzabilissimi alcuni tentativi di ricondurre il personaggio agli incantafolle, urlando e sfidando il pubblico. Suggestivo inoltre ogni tentativo di contestualizzare i propri numeri nell’atmosfera d’avanspettacolo e rivista, citando personaggi come il fachiro Mirin Dajo, o le sorelle siamesi del vaudeville, Daisy e Violet Hilton.
Tiziano Grigioni, nei panni del fedele assistente, spalla e custode dei segreti di Vanni, grazie alla sua simpatia è riuscito ad alleggerire e a bilanciare lo spettacolo. Posato, allo stesso tempo ironico e molto inglese nei modi, ha sfilato al pubblico qualche risata.
Gran merito alla chiusura, un numero che ha visto Vanni recitare a memoria un canto della divina commedia scelto a caso, risolvere un cubo di Rubik e padroneggiare un difficile quadrato magico, tutto contemporaneamente. Inutile dire che il finale gli è valsa la Standing Ovation.

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