Blacaman, il fachiro ipnotizzatore di bestie feroci

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Blacaman

 

Un uomo dalla barba folta con lo sguardo impenetrabile e selvaggio divenne un vero e proprio fenomeno nella prima metá del ‘900, tanto da poter competere con l’immagine di Houdini per le sue incredibili imprese. La sua storia è oggi confinata nelle pagine di pochi libri, nelle rare locandine sparse negli studi dei collezionisti e in qualche articolo come questo, poichè la sua morte portó inspiegabilmente con sè anche la sua fama.

Blacaman

    Locandina originale di Blacaman – collezione privata Leo Carrassi

Il suo nome era Blacaman, fu un mago e fachiro calabrese capace di ipnotizzare qualunque essere vivente, tra cui uomini galline, leoni, e coccodrilli. Fu misterioso e carismatico come pochi artisti del XX secolo, tanto che ispirò diversi scrittori tra cui il premio nobel Gabriel Garcia Marquez, nel racconto “Blacaman el bueno, vendedor de milagros”.

Il suo nome era Pietro Aversa e sulle sue origini è stato scritto e detto di tutto. Si è detto che fosse nato a Calcutta, da madre italiana e padre indiano, entrambi artisti. Qualcuno affermó addirittura che fosse colombiano. In realtá Pietro nacque Castrovillari (Calabria) il 23 febbraio 1902.

Blacaman, soprannominato “u zingaru“, scappó dalla sua città – qualcuno dice -ricercato dalla guardia di finanza. Altrove si legge invece che seguí un circo passato nella sua città, proponendosi prima come tuttofare e poi come artista escapologo. Ad ogni modo cominció il cammino verso un destino che gli avrebbe donato fama e ricchezza, tanto che nel boom della sua carriera fu considerato tra gli uomini piú ricchi del mondo.

Cominció con numeri di prestigiazione e fachirismo per poi darsi all’ipnosi sugli animali, con uno stile fortemente indu. Immagini e filmati in mezzo a decine di pericolosi coccodrilli completamente disinteressati alla sua presenza, e animali feroci completamente in balia del suo potere, non hanno alcuna spiegazione logica. Per ció che riguarda il fachirismo, oltre ai suoi numeri classici e propri di quest’arte, tra cui l’ingoio di una spada, la camminata su carboni ardenti e la rottura sul petto di un macigno (sdraiato su centinaia di vetri rotti), saliva a piedi nudi su una scala fatta di spade affilatissime, in cima alla quale s’impiccava con l’ausilio di un gancio, rimanendovi sospeso per molto tempo.

Tra i numeri piú conosciuti e incredibili del suo repertorio, vi fu la sua sepoltura, esperimento durante il quale sfidava la morte per asfissia. Si presentava nelle “plazas de toros” per farsi seppellire, e fino all’ultima esibizione dei toreri rimaneva sotterrato per mostrarsi vivo e vegeto quando lo disseppellivano.

Si esibí per molto tempo in America latina attorno alla metá degli anni ’20, e tornó in Europa girando molte capitali, riscontrando successo ovunque a suon di tutto esaurito.

Durante la crisi del vaudeville, intorno alla metá degli anni ’20, ipnotisti, fachiri ed artisti che offrivano intrattenimenti macabri e morbosi, riuscirono ad ottenere piú ingaggi rispetto a prestigiatori e artisti con repertori piú classici. Il caso di Baclaman fu molto significativo e i suoi successi lo tennero sulla cresta dell’onda per molto tempo, tanto che aprí perfino un proprio circo, il “Blacamán Circus“.

Al top della sua carriera fu perfino attore di Hollywood a fianco delle stelle del momento, girando un film da protagonista dal titolo “You Can’t Cheat an Honest Man” a fianco della sua assistente e allieva Koringa. Giró il mondo in lungo e in largo tanto da essere definito un nomade, tra Mosca, Varsavia, Stoccolma, Istambul, il Cairo, Buenos Aires, Santiago del Chile, Argentina, Venezuela, Cina, e molti altri paesi dove non mancó di far parlare di sè. Arrivó persino a tenere conferenze davanti a 200 medici, dimostrando quanto i suoi esperimenti fossero autentici e non frutto di trucchi illusionistici.

Vi furono molti imitatori che provarono a cavalcare l’onda del suo successo, incluso un finto figlio, un mitomane o probabilmente un impostore che tentó di arricchirsi con la sua immagine.

Durante la sua ultima visita in Venezuela nel 1940 fu publicato un reportage firmato J. D. Benavides, nel quale l’autore segnaló l’artista come impostore, affermando che l’autentico Blacaman morí in Argentina nel 1929, fornendo anche le fotografie del fachiro deceduto. A quel punto Blacaman dovette dimostrare di essere l’autentico e famoso fachiro presentandosi nella redazione, e spiegando che il Blacaman morto nel ’29 era un suo collaboratore, nonchè un impostore in cerca di fortuna. La sua fama fu attorniata da storie come quest’ultima, ma anche da leggende su cui Blacaman non mancava di marciare, tra cui una presunta morte e resurrezione, o storie meno piacevoli come il suo coinvolgimento nella polizia segreta del regime fascista (Ovra).

Stabilitosi in Venezuela, durante la seconda guerra mondiale, le sue origini italiane gli crearono non pochi problemi poichè il paese era schierato con gli alleati e cominciava a sequestrare tutti i beni di coloro che avevano origini nei paesi nemici. Si dice che durante una grave crisi, non potendo piú mantenere il circo composto da innumerevoli bestie, andó in fallimento e cominció a vivere facendo il meccanico. Qualcuno conclude piú semplicemente dicendo che si ritiró nel 1946, un po’ per problemi di salute, un po’ perchè il dopoguerra non fu un periodo prospero.

Ambigua è perfino la data della sua morte, 1949 o 1956 a Caracas.

 

Blacaman a Hollywood:

 

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