12 gg d’ospedale – Apu Winicunca – magia a 5200 m – Giorno 40/72

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Apu Winicunca, un luogo magico e traditore

20170812_104203È vero, ho aggiornato il blog nei giorni di convalescienza senza dir nulla. In realtà non volevo preoccupare, ma neanche ricevere troppe domande in un momento in cui avevo poca energia per rispondere. Ora sto benino, anche se ho avuto un piccolo problema che i medici chiamano infarto splenico. ZioKen! La mia milza ha avuto una carenza di ossigeno importante e il 30% dell’organo si può dire che mi abbia abbandonato. L’è sciupà!

Male? Si abbastanza. Nel peggiore dei casi avrei potuto perdere l’intera milza, ma ora sembra tutto ok. Dopo i primi 4 giorni in una clinica di Cusco sono stato trasferito in una struttura di Lima sotto ossigeno, con un Jet pagato dall’assicurazione (dico davvero), un’ambulanza aerea di 5 posti a sedere.

Benedetta assicurazione. Ve lo dice zio Leo, non viaggiate mai senza! Costa davvero pochi soldi se paragonati a cosa ti dà in caso di necessità. Questa, tra l’altro, non è neanche la prima volta che mi tocca chiamarla in causa e se non ne avessi avuta una sarebbe stato un grosso, enorme problema. Si sono occupati di tutto, comunicazione costante, trasporto aereo privato con assistenza medica, ricovero in una clinica coi migliori medici del Perù (dicono), diversi medici specialisti (almeno 4), report quasi giornalieri, staff clinico e direttore sanitario sempre presenti.

Che dire, chi vuole salutarmi ha il mio whatsapp. Non chiamate perchè oltre alla milza parte un rene al minuto. Comunque pare che io stia bene, i medici dicono che posso continuare il viaggio, l’assicurazione invece avrebbe preferito rimpatriarmi con un super volo di prima classe (pagato da loro, fenomenali), ma ho scelto di continuare e riposarmi al mare. Niente tracking, montagna, giungla o altri luoghi impegnativi. Vietati ovviamente. Solo ed esclusivamente mare, cibo, doccia, mare.

Mi spiace molto in realtà, abbiamo saltato il Machu Picchu (eravamo lì), e tutta la Bolivia. E più di tutto mi dispiace per el Salar de Uyuni, la tappa a cui tenevo di più. I medici inoltre mi vietano, vita natural durante, l’alta montagna (sopra i 3000), ma voglio vederci più chiaro, al costo di arrivare al Salar ci arrivo con una bombola di ossigeno. 20170824_120326Ah già, non vi ho detto che il mio infarto splenico è con tutta probabilità dovuto ad una insufficienza di ossigeno, a causa di un trekking in salita, dai 4000 ai 5200 metri, sulle meravigliose vette di Apu Winicunca. A breve sarò più chiaro.

Cos’è successo

collage-2017-08-24-11_52_57Conosciute come Montañas de Colores o Arcoiris, Apu Winicunca è un luogo davvero meraviglioso. Certo non posso dire che ne sia valsa la pena, il prezzo è stato fin troppo alto, ma chiunque voglia andarci non si lasci spaventare dalla mia esperienza, a breve vi dirò perchè è un cammino pericoloso e quale è stato il mio errore, cosicchè non lo ripetiate, diminuendo il rischio di sentirsi male.

Tutto inizia con una sveglia alle 2,30 del mattino, e un minivan che ci preleva alle 3,15 per accompagnarci al campo base di Apu Winikunka, a circa 4000 metri. Ci fermiamo alle 7,30 e facciamo colazione con qualche gringo unitosi alla scampagnata. Chi mi conosce sa quanto mi stiano sul cazzo gli americani in giro per il mondo. È un pregiudizio (fondato) lo so e me lo tengo senza alcuna vergogna. In viaggio preferisco, quasi, incontrare gli italiani. Tornando a noi, a colazione finita ascoltiamo alcune raccomandazioni su come affrontare l’altitudine, ci consigliano di masticare foglie di coca e in poche parole si augurano che ne escano tutti incolumi. (Rock’n roll!). Riprendiamo il van per terminare gli ultimi chilometri in salita ed eccoci, la camminata inizia.

20170824_120134Siamo scortati, ovviamente, da una guida che apre il gruppo ed una che lo chiude, il ritmo si fa subito fin incalzante, le guide pensano di arrivare in cima in meno di due ore, ma ci rendiamo subito conto che i loro ritmi sono quelli di gente esperta. Non mi lamento ma rimango subito indietro con Magali, e non siamo gli unici. Dopo circa un’ora di cammino la guida chiede a molti di noi di prendere i cavalli messi a disposizione dagli indigeni quechua Qualcuno acconsente, noi rifiutiamo gentilmente. Dall’inizio del viaggio è la seconda volta che ci troviamo in mezzo a diverse persone durante un’escursione. Io e Magali amiamo la compagnia ma non le comitive, spesso però è inevitabile. C’è da dire che il cammino è così complicato che ognuno pensa solo a posare un piede dopo l’altro, poche chiacchiere e poche storie. Chi si è pentito sta bestemmiando tra sè e sè e non rompe le palle. La mancanza di ossigeno comincia a farsi sentire neanche a metà della salita. Ci si ferma ogni 20 passi per prendere fiato e le gambe cominciano a reggere meno. Provo inizialmente una sensazione di benessere, mista ad un rincoglionimento quasi piacevole. Il panorama circostante è da favola, da documentario. 20170811_102846Nel frattempo i quechua fanno su e giù per chiedere se qualcuno desidera farsi portare dai cavalli. Hanno indumenti super colorati di alpaca e guance rossissime, Magali ha letto che è per via dell’ossigeno.

La temperatura comincia a salire, dai – 2° gradi della mattina pare che si superi la decina, sotto felpa e giacca ad ogni modo si sta fin troppo al caldo per via delle calorie che stiamo macinando.

La solita guida insiste, ci comunica che siamo troppo lenti e che di quel passo arriviamo tardi. Al terzo rimprovero non mi giro neanche e tiro dritto. Allo stronzo gli sfugge che io non vivo sull’Annapurna ma nella pianura padana.

20170824_123008Non comincio certo a correre, ma mi sforzo di mantenere un ritmo più costante senza prendere le pause di cui ho bisogno, e così anche Magali. Questo è il mio primo errore. Non è questione di fiato, ma di ossigeno. Dovrei farne miglior uso visto che è poco a quell’altezza, è molto importante che questo venga irrigato a tutti i tessuti, dai polmoni, al cervello… alla milza. Il disastro è imminente, e una porzione di quest’ultima, a breve, ne soffrirà irrimediabilmente.

Le ore passano e durante l’ultimo chilometro ho paura di dare forfait. Rimango indietro per fare qualche foto, Magali mi precede di 100 metri. screenshot_20170824-123622Non ho più forze, mi viene subito in mente il percorso nella selva ecuadoriana in piena Amazzonia, il cammino che abbiamo affrontato a luglio in copagnia del ragazzo indigeno. Ma questo è decisamente più difficile in termini di sforzo fisico… e chi se lo aspettava!? Pensavo di aver già raggiunto un bel limite.

Con molta fatica e forse troppo infretta, dopo circa 3 ore si arriva. Magali mi aspetta in cima mentre io litigo con le vertigini per gli ultimi ripidi 100 metri. Mi incazzo perchè sto rischiando di rimanere lì bloccato e penso “tutta sta fatica per non vedere le montagne colorate, li a poche decine di metri” (se non si arriva al cucuzzolo non si possono vedere!). Ma poi approfitto della presenza di qualcuno che sta salendo e mi intrufolo. Tra la gente ho meno strizza. Gli ultimi sono gradini, e gli ultimi dieci li faccio quasi a quattro zampe. Arrivo e piango. È l’emozione. Ce l’ho fatta. Sto dimmerda ma ce l’ho fatta. Ho passato i 5000 metri. Fatica e vertigini hanno messo insieme una bomba emotiva. 20170812_104031Mi alzo in piedi e dietro alla protezione in mattoni vedo la meraviglia per cui sto rischiando un intervento chirurgico. Ciò che osservo è bellissimo, mai avrei pensato potessero esistere montagne di sette colori. Sembra pasta di zucchero, pare di guardare una torta immensa, caramelle fuse, dolci fatti di guimauve.

20170824_110912Tra un attimo comincerò a sentirmi male. Il peggio saranno i 7 chilometri a piedi che mi separano dal van e almeno 3 ore di viaggio per arrivare a Cusco.

Dopo circa mezz’ora dalle prime avvisaglie è ufficiale, non è più una sensazione di malessere. Sto male. Un signore quechua mi carica sul cavallo, ma resisto poco. In sella non sto meglio, quel su e giù tra pietre e dislivelli non mi piace. Ho male a tutto il ventre, forza fisica poca, le gambe reggono a stento, la strada mi sembra infinita. Manca troppo. Che faccio? Risalgo sul cavallo? No. Non ce la faccio.

20170824_134212Magali è preoccupata, si vede porella, mi da il suo appoggio, credo faccia fatica anche lei. Abbiamo perso la guida da almeno un’ora. Stiamo scendendo con altre persone quando ad un certo punto il cagacazzo ricompare e borbotta qualcosa sul fatto che fosse tardi. Il vaffanculo non parte, quasi non riesco a parlare, ma adesso si accorge che sto male. I sintomi erano quelli di una intossicazione alimentare e Magali dice che qualcosa mi ha fatto male. Parecchio sicuro di sè risponde dicendo: “No, es el altura”.

Non so come arrivo al campo base. Un inferno. Partiamo col van per raggiungere il pranzo. Decidiamo di saltarlo e cercare un mezzo che parta per Cusco prima del nostro gruppo. Magali ne trova uno al volo, un van sta partendo. Mi immagino tre ore, mi sembrano un’infinità e in effetti lo sono.

Il resto più o meno lo sapete.

20170811_104742Consigli per eventuali avventurieri: assumere Diamox 5 giorni prima per prevenire il mal di altura. Noi l’abbiamo fatto e a Cusco (3650m) siamo stati benone. Molti arrivano e stanno male da subito, finchè non scendono di altitudine. Per Apu Winicunca bisogna camminare piano e prendersi tutto il tempo necessario. Le guide devono aspettare! Portatevi una bomboletta di ossigeno (ne vendono ovunque) e fare qualche sniffata ogni tanto. Masticare foglie di coca, ne vendono sacchetti ovunque e non ha niente a che fare col suo derivato psicotropo. Non mangiare pesante, non bere alcolici e non fumare.

20170824_121152Sappiate comunque che in caso dovesse accadervi qualcosa nel percorso verso la vetta, quei 7 km non sono percorribili da alcun mezzo a quattro ruote, non vi è segnale nè rete. I locali minimizzano parecchio difficoltà e rischi, e l’infarto splenico è solo uno degli inconvenienti possibili. 5200 metri sono molti, ma ciò che è successo a me è capitato a causa di una mia leggerezza. Avrei dovuto affrontare il cammino diversamente o non farlo.

Già a meno di 3000 m si può accusare sintomi molto spiacevoli e a partire da 4500, scientificamente, si è già sottoposti a grossi rischi.

Naturalmente bisogna partire convinti pensar positivo, ma soprattutto essere informati. Mio malgrado lo sono ora, molto più di prima.

In questo momento siamo atterrati a Panama e tra poco abbiamo una coincidenza per Cartagena. Speriamo che la sfiga abbia già interamente fatto il suo corso.

20170824_134409Ringrazio di star bene più che altro e ad ogni modo continuo a sentirmi molto fortunato. Qui c’è Magali coi capelli dritti, poretta. Insieme ne abbiamo fatte di ogni e siamo ancora qui, in giro come due giovanotti. Meglio di così, in fondo, non si può stare nella vita reale. Jtm.

 

3 commenti su “12 gg d’ospedale – Apu Winicunca – magia a 5200 m – Giorno 40/72”

  1. Ciao leo….io non ricordo bene dove ci siamo incontrati….forse in animazione ……le disavventure capitano spesso …ma trovare una persona che ti sta vicino e ti aiuta ad affrontarle ….quello no…è raro ormai ed e li che capisci che chi hai vicino in quel momento è speciale in bocca al lupo…

    1. Ti ho risposto velocemente con un grazie, è passato tempo e ritorno a leggere il tuo commento solo ora. Si hai ragione, sono cose succedono e fa parte del viaggio. Magali è splendida ed è la perfetta compagna, sia di viaggio che di vita.
      Ciao e grazie

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